Iniziamo subito con una domanda: decentrare gli atenei o accorparli nelle grandi città? Questo è il dilemma!
In Danimarca gli atenei sono stati obbligati a decentrare alcune attività didattiche. A partire da questa notizia, la domanda sorge spontanea: e in Italia?
In quali città c’è la concentrazione maggiore di studenti e studentesse? Come è possibile sostenere la formazione delle future generazioni in modo capillare su tutto il territorio?
Un’analisi dettagliata
E quindi cosa succede in Danimarca? Il piano di decentramento del governo danese ha imposto un ultimatum ai suoi atenei: tagliare del 10% le persone immatricolate nelle università delle grandi città in modo da ridistribuire gli studenti dai grandi centri urbani alle periferie. Ma c’è un rischio più grande: in mancanza di finanziamenti aggiuntivi i corsi dislocati nelle piccole città potrebbero venire percepiti come di secondo livello.
E in Italia? Date le note disuguaglianze sociali, soprattutto quelle riguardanti il divario tra nord e sud Italia, decentrare l’offerta formativa potrebbe essere un obiettivo importante ma questo non deve esserlo a discapito della qualità dei corsi stessi.
Partiamo quindi dal capire come è la situazione attuale in Italia senza considerare le università telematiche. Ci sono cinque dati che dobbiamo prendere in considerazione.
- In primo luogo, osserviamo come è distribuita la concentrazione di studenti e studentesse lungo la penisola: più della metà degli iscritti, ovvero il 54%, si concentra in sole 10 province italiane. La maggior parte di queste sono 4 città del Nord Italia: Milano, Torino, Bologna e Padova. Seguono poi 3 nel centro (Roma, Firenze e Pisa) e 3 nel Sud Italia (Napoli, Bari e Palermo)
- Come secondo punto, le città italiane dove sono collocati la maggior parte degli iscritti nell’aa. 2019/20 sono state Roma con il 12,1% immediatamente seguita da Milano (11,2%) e al terzo posto troviamo Napoli (6,6%).
- Il terzo aspetto interessante riguarda proprio Milano: infatti il capoluogo lombardo è la città in cui è aumentata maggiormente la quota di iscritti negli ultimi 5 anni. A seguire troviamo altre 4 province tutte del nord Italia: Torino, Ferrara, Bergamo e infine Reggio Emilia.
- La quarta osservazione che voglio proporvi concerne la provincia italiana che ha perso più studenti: Napoli infatti è la prima in questa classifica seguita da altre città tutte del Sud Italia: Catania, Bari, Caserta e Cosenza.
- Infine, se rapportiamo gli studenti iscritti con le persone residenti in una città possiamo individuare quali sono le città universitarie che traggono maggior beneficio della presenza degli studenti universitari. Al primo posto troviamo la città di Pisa che ospita 103 iscritti per ogni 1.000 persone residenti. Staccata di molto, al secondo posto c’è Ferrara con 64 studenti che frequentano un corso di laurea in quella provincia ogni 1.000 residenti.
Come migliorare?
Alla luce di queste informazioni, ci sono due considerazioni sulle quali ragionare:
- la prima riguarda il bilanciamento tra il bisogno di concentrare l’attività in cluster specifici per beneficiare di una serie di vantaggi e dall’altro lato, la necessità che questi cluster siano però diffusi in vari territori. Ciò significa che gli atenei devono ragionare sempre di più sul loro posizionamento andando ad occupare specifiche nicchie per poter emergere da un generalismo che, in quest’epoca storica, sembra non pagare;
- la seconda considerazione è un po’ più ampia e richiede non solo agli atenei, ma soprattutto alle amministrazioni locali (penso a comuni, province e regioni) di strutturare adeguatamente i servizi pubblici considerando l’istruzione universitaria come uno dei driver a disposizione per lo sviluppo dei territori. Non con slogan astratti ma con azioni concrete.
E voi cosa ne pensate? Come si può bilanciare il bisogno di concentramento con la necessità di sviluppo di tutti i territori?