Il 2021 delle università italiane

By: Angelo Rossi0 comments

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In questo articolo vi riproponiamo 5 dei temi più significativi di cui abbiamo parlato quest’anno sulle università italiane e vi lascio con una riflessione finale a cui pensare tra un panettone ed un torrone.

La prima. L’Italia è sia tra le nazioni con le tasse universitarie più alte e, allo stesso tempo, tra quelle con l’offerta di borse di studio più scarsa. Le rette universitarie sono aumentate del 20% negli ultimi cinque anni e, per quanto riguarda le borse di studio, in Francia e in Spagna, la percentuale di studenti che ottengono un sussidio è rispettivamente del 34% e del 31%. Ovvero il triplo rispetto al valore delle università italiane. Nel PNRR sono stati stanziati 500 milioni di euro per le borse di studio ma sarebbero serviti 1,7 miliardi per raggiungere i livelli di Francia e Spagna.

Un secondo aspetto che abbiamo approfondito è il fenomeno del Gender gap che coinvolge il personale (docente e amministrativo), le studentesse e le lavoratrici soprattutto negli ambiti STEM.
Prendiamo l’esempio delle donne del personale amministrativo: coloro che svolgono una carica dirigenziale sono il 40%.
Sono ancora meno – il 25% – le professoresse ordinarie, arrivando a percentuali ancora più basse quando si tratta di una cattedra STEM.
Anche le ragazze che frequentano i corsi STEM sono la minoranza. Il dato è ancora più significativo se prendiamo in considerazione i corsi di laurea ICT. Le donne rappresentano infatti solamente il 14% del totale delle persone iscritte. Il rischio è quindi quello di vedere le donne italiane escluse dalla fetta di mercato di lavoro del futuro che ha maggiori possibilità di crescita e bisogno di professionalità a valore aggiunto.

Un terzo argomento sui cui ci siamo soffermati è relativo agli spostamenti degli studenti fuori sede. La pandemia, al contrario di quello che si pensava inizialmente, non ha fatto diminuire gli spostamenti degli studenti e nell’anno post-Covid, la quota di fuori sede ha raggiunto il massimo storico con il 20,7% degli immatricolati che sceglie un ateneo lontano dalla regione di residenza.

Il quarto punto riguarda l’internazionalizzazione. L’Italia riesce ad attrarre pochissimi studenti internazionali nelle università italiane. Gli studenti stranieri che studiano in Italia sono solo il 3% di tutti gli studenti universitari. Una quota ferma da molti anni.
Per gli studenti internazionali e per i fuori sede, sarà fondamentale utilizzare al meglio i 960 milioni previsti dal PNRR per offrire nuovi alloggi di qualità a chi decide di lasciare il proprio nido familiare per intraprendere un percorso di studi lontano da casa.

Infine, il quinto aspetto è relativo alle università telematiche, tra le principali protagoniste del mondo dell’università italiana, durante e dopo la pandemia. Negli ultimi dieci anni il numero degli immatricolati è quasi quadruplicato e nell’ultimo anno accademico 2020/21 si è raggiunta quasi quota 18mila immatricolati, che, in un’ipotetica classifica, farebbe posizionare l’insieme degli atenei telematici al secondo posto, dietro solo alla Sapienza. Inoltre, le telematiche fanno incetta di iscritti anche nei corsi post-laurea: il 51% dei diplomati ad un master di I livello consegue il titolo in un ateneo telematico.

L’attuazione del PNRR, il rinnovamento dell’offerta formativa, l’orientamento e l’allineamento con il mercato del lavoro. Senza dimenticare di dare un occhio al futuro e alla competizione che arriva dalle università internazionali e dalle Big Tech, con player come Google, Facebook, Apple, Amazon e Microsoft sempre più interessate ad entrare nel mondo dell’education. Queste sono alcune delle sfide che attendono le università italiane nel 2022.

Va bene la gestione emergenziale del Covid ma ora occorre avere una visione di medio-lungo periodo per fare in modo che le università italiane possano concentrarsi sull’obiettivo primario: quello di formare persone e professionisti che abbiano le competenze necessarie per accrescere la ricchezza e la qualità della vita del nostro paese.

Ora però, almeno una parte, delle risorse saranno fornite dal PNRR. Per questo voglio lasciarvi con una domanda aperta a cui pensare tra un panettone ed un torrone.

Visti i nuovi cambiamenti e le risorse che verranno erogate, le università riusciranno a migliorare la vita delle persone formandole per ottenere un lavoro che consenta loro di raggiungere i traguardi personali e professionali?

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