+24% di addetti qualificati in 10 anni nel settore tech: ma è abbastanza per tenere il passo dell’Europa?
Abbiamo deciso di guardare da vicino il mondo della produzione di software, della consulenza informatica e delle attività connesse. È un settore considerato strategico, spesso al centro dei piani di digitalizzazione e innovazione, ma cosa ci raccontano davvero i numeri? Siamo cresciuti abbastanza? Oppure stiamo perdendo il treno della competitività digitale?
Cresciamo… ma meno degli altri
Tra il 2015 e il 2024, in Italia il numero di addetti nel settore è passato da 418 mila a 519 mila: una crescita del 24%. A prima vista, un dato incoraggiante. Ma il confronto con il resto d’Europa ci impone prudenza. Se ci fermiamo al 2022 (ultimo anno con dati comparabili per i Paesi europei), l’Italia ha fatto segnare una crescita complessiva del 16% del numero di occupati rispetto al 2015, mentre la media dell’Unione Europea a 27 ha registrato un aumento del 49%.
Dal 13% al 10%: meno peso in Europa
Crescendo meno degli altri, abbiamo perso il nostro peso nel continente. Nel 2015, l’Italia rappresentava il 13% degli addetti al settore software e consulenza informatica dell’intera UE. Nel 2022, siamo scesi al 10%. Se ci compariamo a Germania e Francia, il divario si è ampliato. Mentre Spagna e Polonia (con ritmi di crescita molto più sostenuti) hanno recuperato terreno su di noi. Il caso più emblematico è quello della Polonia: nel 2015 aveva 232 mila addetti in meno rispetto all’Italia. Oggi il divario si è ridotto a soli 40 mila. Un sorpasso che sembra ormai questione di poco tempo.
Non basta crescere, serve farlo più e meglio degli altri
Siamo in una gara di Formula 1. A seconda delle classifiche che guardiamo, l’Italia parte da metà griglia o dalle retrovie. Ogni giro riusciamo a migliorarci, e questo ci rende fieri. Ma chi ci precede migliora ancora più velocemente. La crescita, da sola, non basta se il mondo intorno corre più di noi.
La nostra ultima analisi
“Il paradosso del tech italiano: cresce molto, ma non abbastanza” è la nostra ultima analisi che mostra come imprese e occupati crescono, ma l’Italia rimane 16esima in Europa per quota di addetti nei settori Tech (e quinta per addetti della ristorazione e dell’alberghiero).
Domanda di ricerca
L’Italia presenta una quota eccessivamente contenuta di impiegati nelle professioni scientifiche e tecniche. Tra i settori che assumono queste figure c’è il settore Tech, che in questo momento storico è considerato nelle più grandi economie del mondo un fondamentale driver per l’aumento di competitività nazionale. Il settore tech è in crescita in Italia? E la sua eventuale crescita può contribuire a migliorare la qualità del mercato del lavoro del Paese?
Perimetro di analisi
Per rispondere a questa domanda abbiamo analizzato i dati Istat, sul numero di occupati e di imprese attive per ogni settore, e i dati Eurostat, per confrontare il tessuto produttivo italiano con quello di altri Paesi. Per identificare i settori Tech ci siamo riferiti ai settori classificati secondo la tassonomia ATECO come “settori della produzione di software, della consulenza informatica e delle attività connesse”.
Le principali evidenze dell’analisi
La crescita del settore tech. Nel periodo pandemico e post-pandemico, in particolare tra il 2019 e il 2023, si è complessivamente assistito nel Paese a una crescita sia del numero delle imprese dell’area tech, sia dei relativi addetti. Infatti, le imprese operanti nel settore della produzione di software, della consulenza informatica e delle attività connesse sono passate dai circa 271mila addetti del 2019 ai 334mila del 2023, con una crescita del 23% tra i due anni analizzati.
Il software guadagna peso nell’economia nazionale. Il dato è da leggere positivamente: questa crescita ha portato infatti il settore così strategico della produzione di software ad aumentare il proprio peso sull’economia nazionale, passando dal dare lavoro all’1,87% addetti italiani nel 2019 a raggiungere il 2,16% nel 2023. Nello stesso periodo è anche lievemente aumentata la quota di imprese italiane attive in questo settore, che erano lo 0,97% di tutte le imprese italiane nel 2019 e sono diventate l’1,05% nel 2023.
L’Italia è ancorata a settori a bassa produttività. I numeri appena menzionati, benché positivi, vanno però letti con una consapevolezza: questi miglioramenti sono molto contenuti e non affatto sufficienti per modificare strutturalmente la produttività del Paese e spostare il tessuto economico verso una maggiore capacità di generare reddito. La struttura produttiva dell’Italia rimane infatti ancora eccessivamente concentrata su settori con margini ridotti, una dimensione media delle aziende molto contenuta e scarsa capacità di generare “lavori di alta qualità”, cioè in grado di assicurare redditi elevati e forte crescita personale. È un esempio di ciò il fatto che l’Italia tra 26 Paesi europei è quinta per lavoratori impiegati nei settori della ristorazione e dell’alberghiero (in cui la stagionalità del lavoro è elevata e le elevate professionalità spesso trovano scarsa valorizzazione), mentre è solo al 16° posto su 19 Paesi (quelli per cui sono disponibili i dati più recenti) per quota di occupati nel settore della programmazione e consulenza informatica e delle attività connesse.
L’Europa corre più veloce nei settori tech. Nel frattempo, gli altri Paesi corrono: se guardiamo quello che è successo in un periodo più esteso per cui abbiamo i dati – tra il 2015 e il 2022 – la crescita dell’occupazione in Italia nei settori Tech è stata del 24%, mentre nella media dell’Unione Europea del 49%. A ciò è conseguita una perdita di peso dell’Italia nel continente: nel 2015, l’Italia rappresentava il 13% degli addetti al settore software e consulenza informatica dell’intera UE. Nel 2022, siamo scesi al 10%.
Questi dati danno una misura di come il nostro Paese, in cui per ogni azienda attiva nel settore della produzione software e della consulenza informatica ci sono ben 12 aziende attive nel settore della ristorazione, debba adottare politiche per muovere verso una struttura produttiva più competitiva e ad alto valore aggiunto. È un passaggio fondamentale per aumentare la qualità del suo mercato del lavoro.