AFAM: un laboratorio per il futuro delle università italiane?

AFAM: un laboratorio per il futuro delle università italiane?

Questo mese abbiamo deciso di guardare a un segmento della formazione terziaria di cui si parla ancora troppo poco: quello delle Istituzioni dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (AFAM).

Piccole, ma in grande crescita: le prime due caratteristiche delle AFAM

Le Istituzioni AFAM nell’aa. 2023/24 hanno contato 91 mila iscritti, distribuiti in 163 istituti. Questi valori sono il risultato di una crescita notevole: gli studenti e le studentesse sono oggi il 51% in più rispetto a dieci anni fa (occorre notare che sono aumentati, nello stesso periodo, anche gli istituti che erano 136 nell’aa. 2014/15). E, anche se ogni AFAM ha in media appena 559 studenti, alcune accademie sono arrivate a superare oggi i 4.000 iscritti, raggiungendo dimensioni comparabili a quelle di piccole università. Le prime due caratteristiche da conoscere di queste istituzioni oggi sono quindi certamente: (i) le dimensioni ridotte rispetto alle università e (ii) la rapida crescita che stanno vivendo.

AFAM: un’offerta formativa sorprendentemente ampia

La terza caratteristica è l’ampiezza dell’offerta: le AFAM, infatti, propongono ben oltre 8.300 corsi attivi nel 2023/24 (un numero molto elevato, considerato che tutte le università insieme non arrivano a 6.000 corsi). Ma questa offerta formativa ha all’interno una grande eterogeneità. Ci sono, per esempio, i conservatori che, pur offrendo il 77% dei corsi AFAM accolgono appena il 32% degli iscritti complessivi; e dall’altra parte le Accademie di Belle Arti che, pur valendo solo l’11% dell’offerta, ospitano ben il 35% degli iscritti.

L’internazionalizzazione nelle AFAM è il triplo che nelle università

La quarta e ultima caratteristica emergente dall’analisi dei numeri delle AFAM è l’elevato grado di internazionalizzazione. In termini assoluti, non ci sarebbe confronto tra questi istituti e gli atenei. Le AFAM contano infatti 14.400 studenti stranieri e le università italiane 93 mila. Ma in termini percentuali, nelle AFAM la componente studentesca internazionale vale ben il 16% degli iscritti, contro il 6% delle università. È un risultato che colpisce e che dice molto del potenziale attrattivo della cultura italiana. La metà degli studenti internazionali delle AFAM arriva dalla Cina, attratta da percorsi in arti visive e musicali.

Le AFAM come campo di sperimentazione per le università? 

Nel corso dell’ultimo CODAU, il Ministro Bernini ha evocato la possibilità di “federare” le università italiane. È una parola che può spaventare, ma che potrebbe accadere proprio a partire alle AFAM. Piccole e diffuse, potrebbero diventare il laboratorio per sperimentare nuovi modelli di integrazione e collaborazione tra istituzioni. Un’ipotesi affascinante, di cui ha parlato anche Alberto Scuttari nel suo editoriale su Milano Finanza, che merita di essere seguita con attenzione.

La nota dell’Osservatorio Talents Venture

“Le AFAM: protagoniste (non celebrate) della formazione terziaria italiana?” è la nostra ultima nota basata sulle AFAM, che oggi contano 91 mila iscritti, cresciuti del 51% nell’ultimo decennio, distribuiti in 163 istituti e con un profilo internazionale che colpisce.

Il sistema universitario italiano è nel dibattito pubblico il protagonista assoluto della formazione terziaria, con 1,68 milioni di iscritti nel 2023/24 distribuiti in una rete di 81 atenei non telematici.

Ma accanto a questi colossi esiste un sistema meno conosciuto, che rappresenta il volto artistico del Paese e che negli ultimi anni ha mostrato una crescita sorprendente: le Istituzioni dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (AFAM), che riuniscono Accademie di Belle Arti, Conservatori, Accademie di Danza e altri istituti specializzati.

Oggi le AFAM contano 91 mila iscritti, cresciuti del 51% nell’ultimo decennio, distribuiti in 163 istituti e con un profilo internazionale che colpisce. Negli ultimi dieci anni gli studenti stranieri sono aumentati di quasi il 50% e rappresentano oggi il 16% del totale, una quota quasi tripla rispetto a quella universitaria

Numeri che, messi a confronto con quelli degli atenei, restituiscono l’immagine di un sistema solido e in crescita, ormai parte strutturale e riconoscibile della formazione terziaria italiana.

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