Chi va, chi resta: cosa raccontano i flussi degli immatricolati?
I dati sulla mobilità universitaria
La mobilità degli immatricolati nelle università italiane è un tema che, al di là delle statistiche, dice molto su come si muove il Paese. L’analisi dei flussi degli studenti universitari rappresenta una chiave per comprendere la composizione sociale, economica e demografica dell’Italia, di oggi e di domani.
Dalla lettura trasversale dei dati analizzati, emergono cinque aspetti, insieme ad una riflessione finale.
- Più studenti si spostano per studiare. Nell’ultimo decennio (dal 2014/15 al 2023/24), la quota di immatricolati fuori sede – residenti in una regione diversa da quella di erogazione del corso – è salita dal 21% al 23%. In valore assoluto si tratta di oltre 70mila studenti l’anno. È come se ogni anno tutti i residenti del comune di Pavia (o Cremona, L’Aquila, Gela, Altamura – sono tutti comuni che hanno circa gli stessi residenti) decidessero di lasciare la città e trasferirsi altrove. Sommando anche chi cambia provincia all’interno della stessa regione per studiare, arriviamo al 51% degli immatricolati (era il 50% dieci anni fa).
- L’Umbria che attrae, il Sud che trattiene. Nel periodo di analisi, l’Umbria è la regione che ha visto il maggior aumento di studenti da fuori regione: dal 27% al 41% (+14 punti percentuali). Un terzo del saldo positivo degli immatricolati non umbri (passati da poco meno di 1.000 a oltre 2.500) viene dal corso di Psicologia dell’Università di Perugia (L-24). Tra i 56 corsi di laurea L-24 attivati nel 2023, era l’unico offerto a libero accesso da un’università statale. La scelta ha avuto un impatto evidente: Perugia è diventata la principale destinazione per chi vuole studiare Psicologia fuori dalla propria regione di residenza, attirando studenti da tutta Italia (ad eccezione della Valle d’Aosta).
L’Umbria ha visto anche una crescita significativa degli immatricolati residenti: +38% rispetto al +14% dei fuori sede. Il tasso di studenti umbri che scelgono di restare a studiare nella propria regione è così passato dal 70% al 74%. Questo risultato suggerisce una buona capacità di orientamento scolastico sul territorio e una maggiore propensione dei giovani a entrare nel sistema universitario locale. Se si guarda all’intero sistema nazionale, l’Umbria è anche stata la regione con il maggiore aumento di residenti immatricolati (escludendo gli studenti esteri), con un +31%.Al primo posto però, per crescita della capacità di trattenere i propri studenti, c’è la Sicilia: il tasso è salito dal 73% all’81%. Subito dopo troviamo Puglia, Molise e Calabria. Quattro regioni del Sud Italia nelle prime quattro posizioni fanno sorgere una domanda: si tratta di una scelta consapevole, magari motivata da un’offerta formativa più vicina alle esigenze locali (con l’idea di trasferirsi eventualmente in magistrale, più a ridosso dell’ingresso nel mercato del lavoro)? Oppure è un adattamento forzato, dovuto all’aumento dei costi per chi sceglie di studiare fuori regione? - Una fotografia delle tratte più battute. Scendendo più nel dettaglio, la tratta più frequentata in assoluto è quella da Monza Brianza a Milano, con oltre 3.100 immatricolati (prima anche tra le intra-regionali). Tra le interregionali, domina Reggio Calabria–>Messina (665), ma se si escludono i flussi tra regioni confinanti, il primo collegamento per numero di studenti è Roma–>Milano (339). Seguono Cosenza–>Roma (330), Lecce–>Roma (252) e Lecce–>Milano (242). Fatto curioso (tra i tanti – sicuramente troppi – di questa introduzione), nell’aa. 2023/24, per la prima volta in dieci anni, Roma ha superato Milano come meta preferita dagli studenti salentini.
- Le tratte emergenti ed alcune sorprese. Dopo la fotografia dell’ultimo anno, diamo uno sguardo al trend. Tra le tratte intra-regionali in crescita in valore assoluto, al primo posto colpisce il dato di chi si sposta da Milano a Pavia, +629 studenti (+107% in dieci anni). Milano, pur rimanendo polo attrattivo per chi arriva da fuori, inizia a perdere i propri residenti verso Pavia, Varese, Novara (in Piemonte ma al confine) e Bergamo (erano il 10% nell’aa. 2013/14, sono diventati il 16%, toccando picchi del 18%). Su questo dato ci torneremo nella prossima newsletter. Sul fronte interregionale, Ferrara è la sorpresa: appare in 7 delle 10 tratte con la crescita più marcata, attirando studenti dal Veneto e da Trento. Se si escludono le regioni confinanti (oltre a Trento–>Ferrara), spiccano – con circa 100 immatricolati in più nel periodo di analisi – Roma–>Milano (+58%), Taranto–>Ferrara (+589%), Bari–>Roma (+87%) e Lecce Ferrara (+231%).E se includiamo anche gli studenti esteri, il quadro cambia ancora: 8 delle 10 tratte in maggiore crescita hanno origine all’estero. Le mete più scelte sono Roma, Milano, Messina e Frosinone (queste ultime due passate da zero a rispettivamente 646 e 497 immatricolati in dieci anni).
- Le tratte che perdono immatricolati. Nelle 10 tratte interregionali che più hanno perso immatricolati troviamo tre volte Lecce: verso Chieti, Pesaro-Urbino e Bologna. In generale, Lecce ha visto ridurre la quota di suoi residenti che studiano fuori regione dal 44% dell’aa. 2014/15 al 33% dell’aa. 2023/24. Al primo posto però c’è una tratta che riguarda esclusivamente il Nord-Est da Verona non si va più a Trento (erano 410, ora sono 305). Completano il podio Trapani–>Pisa (c’erano oltre 100 studenti nel 14/15, ora sono poco più di 30) e Salerno–>Siena (da 96 a 10).
Alcune riflessioni finali
Le città che riescono ad attrarre o trattenere giovani devono garantire tre condizioni essenziali (non necessariamente in questo ordine). La prima è l’accessibilità economica, a partire dal costo degli alloggi. La seconda è la qualità dei servizi locali, che include – tra gli altri – trasporti efficienti, una sanità funzionante, un’offerta culturale vitale e un buon livello di sicurezza. La terza è la presenza di opportunità post-laurea: posti di lavoro, ecosistemi favorevoli all’imprenditorialità, reti professionali che accolgano e valorizzino i talenti.
Al contrario, i territori che oggi perdono studenti rischiano di perdere domani anche lavoratori, famiglie, imprenditori. E con loro, interi segmenti produttivi.
Volendo andare al cuore della questione, potremmo dire che per vivere in un territorio le persone cercano tre cose.
- Un lavoro, che garantisca un reddito per una vita stabile;
- Servizi, dalla sanità alla scuola, dalla cultura alla mobilità, per poter vivere una vita piena e serena;
- Una rete sociale, fatta di famiglia, relazioni affettive, amicizie, comunità, senza le quali manca una parte fondamentale dell’esperienza umana.
Quando un territorio si svuota, inevitabilmente si indeboliscono tutti e tre questi elementi.
Se manca capitale umano ci sono meno possibilità da un lato di alimentare il tessuto produttivo esistente e dell’altro di creare posti di lavoro a valore aggiunto che possono occupare le persone nel territorio.
Se mancano i servizi, anche in presenza di un lavoro, le persone preferiscono andare a vivere dove gli ospedali funzionano, le strade non sono dissestate e ci sono teatri, piscine o spazi verdi.
Se mancano le relazioni, manca quella dimensione invisibile ma determinante che – secondo molti studi – è uno dei fattori chiave della longevità e della qualità della vita.
Guardare ai dati sulla mobilità universitaria significa osservare le premesse dell’Italia che verrà. Ci dice come si muove il presente e ci anticipa la forma del futuro.
Perché un Paese che cresce solo in parte, rischia di fermarsi del tutto.
La nota dell’Osservatorio Talents Venture
“Chi va, chi resta: cosa raccontano i flussi degli immatricolati?” è la nota che analizza come nel 2023/24, oltre tre immatricolati su quattro hanno scelto un ateneo nella propria regione.
Ogni anno, migliaia di studenti italiani si iscrivono per la prima volta all’università. Le loro scelte – se restare nella propria regione o spostarsi altrove – rappresentano il punto di partenza ideale per osservare i flussi di mobilità accademica.
Nel 2023/24, oltre tre immatricolati su quattro hanno scelto un ateneo nella propria regione. Tuttavia, guardando al lungo periodo, emerge una crescita del peso di chi varca i confini regionali.
L’aumento complessivo degli immatricolati, insieme a questa crescita della mobilità inter-regionale, mostrano una geografia universitaria in movimento.