Università in movimento: è iniziata la fuga dai grandi poli?

I dati mostrano una nuova mobilità di prossimità. È solo un’anomalia o l’inizio di un cambiamento?

Università in movimento: è iniziata la fuga dai grandi poli?

Dopo anni di stabilità, i dati ci raccontano segnali – in alcuni casi deboli, in altri più marcati – di un cambiamento in corso: gli immatricolati iniziano a spostarsi, lasciando le grandi città per scegliere sedi universitarie nelle province limitrofe. Una tendenza che, se confermata, potrebbe avere effetti rilevanti sull’organizzazione del sistema universitario nazionale.

Segnali di movimento al Nord: Bologna e Milano perdono fedeltà.

Per anni, province come Milano e Bologna hanno rappresentato veri e propri “poli gravitazionali” del sistema universitario italiano: chi vi risiedeva tendeva ad iscriversi lì, senza grandi spostamenti. Ma qualcosa sta cambiando. Negli ultimi dieci anni, la quota di studenti che si immatricola nella provincia di residenza è calata dal 74% al 62% a Bologna e dall’85% al 78% a Milano.

Ferrara e Pavia crescono grazie alla mobilità di prossimità.

Ferrara ha quasi triplicato la propria capacità di attrarre studenti bolognesi, mentre Pavia ha raddoppiato il numero di immatricolati provenienti da Milano. In crescita anche Forlì-Cesena, Novara e Varese. In alcuni casi, i flussi verso province limitrofe sono legati all’attivazione di corsi da parte degli stessi atenei delle grandi province – come nel caso di Forlì-Cesena da Bologna, o di Varese da Milano. Tuttavia, le dinamiche più rilevanti riguardano scelte di immatricolazione verso altri atenei: è il caso, ad esempio, dei flussi da Bologna verso Ferrara e da Milano verso Pavia.

Centro-Sud più stabile, ma non statico.

Al Centro-Sud il quadro è meno movimentato, ma non per questo statico. Roma e Napoli restano territori ad altissima fedeltà (rispettivamente al 93% e all’83%), con pochissime variazioni, fatta eccezione di alcuni piccoli flussi da Salerno, che cresce come polo attraente per i napoletani. Più a Sud invece, Bari perde una parte dei suoi residenti (dall’82% al 79%), principalmente nei confronti di Foggia.

Più sedi, meno corsi: attenzione alla “frammentazione formativa”.

I dati raccontano una storia interessante: da un lato nuove province universitarie – come Ferrara e Pavia – stanno consolidando il proprio ruolo con oltre 25.000 iscritti e un’ampia offerta formativa; dall’altro, restano molte sedi fragili che rischiano di creare una “frammentazione didattica”. In un comune su quattro che ospita una sede universitaria, c’è meno di un corso di laurea e nel 6% dei comuni universitari ci sono meno di 30 iscritti. L’aumento dei flussi verso nuove province sembra indicare un processo di “ridistribuzione” dell’attrattività universitaria. Tuttavia, il rischio è che la proliferazione di sedi universitarie non sia sempre accompagnata da una crescita effettiva della qualità e varietà dell’offerta formativa. La sfida sarà bilanciare capillarità e sostenibilità.

Una nuova geografia dell’università richiede una nuova geografia del lavoro.

La ridistribuzione degli studenti da sola non basta, se poi le opportunità lavorative restano concentrate altrove. La mobilità degli immatricolati avrà effetti duraturi solo se accompagnata da una trasformazione parallela dei territori in cui si formano. Chi studia in un polo di una grande città deve poter immaginare – e trovare – occasioni di lavoro qualificato anche lì. In questo, gli atenei hanno un doppio ruolo: da un lato, lavorare con le imprese del territorio per rispondere alla domanda di lavoro attuale; dall’altro, contribuire a generare posti di lavoro futuri, investendo nella ricerca, nell’innovazione e nell’imprenditorialità. Perché attrarre studenti è solo il primo passo. Trattenerli, farli crescere e permettere loro di costruire lì le proprie carriere è la vera sfida per il futuro di questi territori.

La nota dell’Osservatorio Talents Venture

È finita la fedeltà delle grandi province” è la nota che analizza come in alcune aree del nord, sempre più studenti scelgono di immatricolarsi in una provincia vicina a quella di residenza, anche se più piccola.

Nel sistema universitario italiano, le grandi province continuano ad accogliere la maggior parte degli immatricolati residenti. Eppure, proprio in questi territori – storicamente sedi dei principali poli accademici – iniziano a emergere segnali di cambiamento.

Negli ultimi dieci anni, in alcune aree del Nord Italia si è osservata una tendenza crescente: sempre più studenti hanno scelto di immatricolarsi non nella propria provincia di residenza, ma in una vicina, spesso più piccola.

In parte si tratta di sedi decentrati dello stesso ateneo della provincia di origine; in parte, invece, di iscrizioni verso altri atenei.

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