Differenze tra università del Centro-Nord e del Mezzogiorno

By: Sofia Alessandra Leone0 comments

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Nelle scorse settimane la Banca d’Italia ha pubblicato un paper che analizza le differenze tra gli atenei del Centro-Nord e quelli del Mezzogiorno. Nella puntata di oggi vi racconterò i risultati più importanti di questa ricerca.

Le differenze tra atenei del Centro-Nord e del Mezzogiorno

Secondo la Banca d’Italia, tra i fattori che differenziano gli atenei del Centro-Nord da quelli del Mezzogiorno, ci sono questi 5 aspetti:

  1. demografia: negli ultimi 10 anni gli studenti e le studentesse sono diminuiti considerevolmente all’interno delle università del Mezzogiorno. Questo calo è direttamente connesso alla generale mancanza di giovani nelle aree del Sud Italia;
  2. migrazioni: la migrazione di studenti e studentesse che dal Sud e dalle Isole si spostano verso le università del Centro Nord. Questi spostamenti sono il segnale che i giovani preferiscono frequentare gli atenei situati in aree più dinamiche e con maggiori possibilità lavorative;
  3. risultati formativi: il rendimento degli studenti è minore negli atenei meridionali rispetto a quelli settentrionali a causa di un livello di preparazione più basso. Questo minor rendimento è da rintracciare nel background familiare e nel contesto sociale poco favorevoli e in una minore qualità della formazione scolastica;
  4. calo generale dei finanziamenti pubblici: gli atenei del Mezzogiorno hanno risentito maggiormente di questo calo penalizzando principalmente il settore della ricerca;
  5. autofinanziamento: il livello degli atenei del Mezzogiorno di autosostenersi è basso a causa sia di una minore capacità contributiva degli studenti sia di una minore capacità (o possibilità) degli atenei di attingere ad altre fonti, come quelle da privati o provenienti dalla Unione Europea.

Alla luce di questa situazione e dei fattori scatenanti, la Banca d’Italia ha provato ad elaborare alcune proposte che aiuterebbe a diminuire questo divario geografico che penalizza l’intera qualità formativa nazionale.

Le azioni proposte vanno in tre direzioni:

  • La prima riguarda l’occasione del PNRR per riaprire il dibattito su quale sia il dimensionamento giusto del sistema universitario e sulla sua articolazione territoriale.
  • La seconda presuppone l’innalzamento delle risorse complessive da investire nel sistema universitario (si tratterebbe di circa 5 miliardi) per portare l’Italia sulla media dei paesi europei.
  • Come terza proposta la Banca d’Italia propone di compensare le minori possibilità di autofinanziamento degli atenei collocati in aree di svantaggio.
  • Infine è necessario contrastare le dinamiche migratorie attraverso la valorizzazione dei centri culturali e di produzione scientifica del Sud Italia.

Si può annullare questo divario?

Il divario geografico permea il nostro Paese e non può che non riguardare anche le nostre università. Come è possibile allora affrontare un problema così complesso facendolo nel più breve tempo possibile?

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