Gli studenti fuori sede

By: Angelo Rossi0 comments

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Durante il vostro percorso universitario probabilmente vi sarà capitato di conoscere qualche studente fuori sede. O forse proprio voi in passato avete scelto di trasferirvi altrove pur di frequentare una specifica università.

Prima di entrare nel vivo del discorso, occorre dare una definizione: convenzionalmente è considerato uno studente fuori sede colui o colei che frequenta un corso di laurea in una regione diversa da quella di residenza. Ma quanti e quali spostamenti stiamo considerando? Ci sono 5 dati che vale la pena prendere in considerazione.

1. Il primo dato riguarda l’influenza che la pandemia ha avuto su tutti i nostri spostamenti. Nonostante questi effetti, nell’anno post-Covid la quota di fuori sede ha raggiunto il massimo storico con il 20,7% degli immatricolati che sceglie un ateneo lontano dalla regione di residenza.

2. Il secondo dato riguarda le aree geografiche coinvolte nei flussi di spostamento. Si è ridotta di molto, infatti, la mobilità dal Sud e dalle Isole verso il centro Italia. Se nell’aa. 2010/2011 coloro che si spostavano dalla zona Sud e delle Isole per recarsi al Centro, rappresentavano il 37% di tutti gli studenti fuori sede, nell’ultimo anno accademico il valore complessivo delle stesse persone si è più che dimezzato arrivando al 23%.

3. Allo stesso tempo, ed è questo il terzo dato, ad essere aumentati sono invece i flussi di spostamento intra-nord. Nello specifico ci riferiamo alla quota di persone immatricolate fuori zona che si è spostata tra il Nord-Est e il Nord-Ovest che è passata dal 13% del 2010/2011 al 17% nell’aa 20/21.

4. Quarta evidenza significativa è il cambiamento della regione maggiormente preferita per studiare fuori sede. Dall’anno accademico 16/17 la regione che accoglie più studenti fuori sede non è più la Lombardia ma è l’Emilia Romagna. Se consideriamo come 100 le persone totali che studiano fuori regione, il 21,4% sceglie di trasferirsi in Emilia-Romagna e solamente il 17,6% sceglie di recarsi in Lombardia.

5. Infine, tra gli atenei medi o grandi, l’Università Bocconi è quella che accoglie la quota maggiore di immatricolati fuori sede che sono infatti il 72% del totale delle matricole. E se invece guardiamo alla crescita della quota di immatricolati, l’Università di Perugia è l’unico ateneo in Italia che, nell’anno post-Covid, ha aumentato la quota di immatricolati fuori sede ad un valore a doppia cifra (+13 p.p).

Alla luce di questo contesto mutato, vi propongo due spunti sui quali possiamo ragionare:

  1. gli atenei del Centro Italia sono diventati meno attrattivi per gli studenti residenti al Sud e nelle Isole. Alla luce di questo dato sarebbe interessante comprendere se la ragione sia dovuta al fatto che le università collocate in altre zone siano diventate più attrattive oppure le motivazioni risiedano in una mancanza di risorse per le famiglie del Mezzogiorno da dedicare agli spostamenti per ragioni di studio o ancora in un deficit dei trasporti o in altre motivazioni ad oggi non note;
  2. la seconda riflessione è relativa alla gestione delle risorse che arriveranno dal PNRR. È importante infatti comprendere a fondo come stanno cambiando i flussi degli spostamenti in modo da riuscire a investire correttamente i 960 milioni che il PNRR destina allo student housing per costruire nuove residenze universitarie al fine di arrivare a 120.000 posti letto (attualmente siamo a circa 40mila). Un investimento auspicabile e molto importante che però rischia di essere insignificante considerato che, guardando alla totalità degli iscritti, quelli fuori regione nell’aa.19/20 erano circa 480.000.

Nemmeno la pandemia ha influito negativamente sugli spostamenti degli studenti. Come possiamo supportare coloro che, per investire nella propria istruzione, scelgono di studiare lontano da casa?

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