Quattro rischi per le università italiane
In questo anno di pandemia ci si è domandati spesso quale potrebbe essere l’evoluzione del modello di istruzione universitaria. Nel giro di poche settimane le università italiane si sono trovate a dover digitalizzare la didattica. Ma un conto è la gestione dell’emergenza ed un altro la nuova normalità.
Cosa c’è nel futuro delle università italiane? Purtroppo, non abbiamo la sfera di cristallo per rispondere a questa domanda. La pandemia è stata una minaccia che gli atenei non potevano aspettarsi ma, nonostante ciò, hanno saputo rispondere in maniera egregia.
Il lavoro però non è finito. Riteniamo che ci siano quattro sfide che le università italiane dovranno fronteggiare per definire il proprio futuro.
La prima è la demografia. Così come abbiamo già raccontato in uno dei nostri articoli blog, in un trend di crisi demografica dei giovani italiani, sarà fondamentale ridurre la dispersione scolastica e lavorare sull’orientamento universitario per aumentare il tasso di diploma ed il tasso di passaggio all’università.
Il secondo rischio, ma anche opportunità, riguarda l’innovazione della didattica. A parità di canale attraverso il quale viene erogato il servizio istruzione (lezioni online), la competizione sarà sempre più basata sulla qualità dei contenuti e degli insegnanti. Strettamente legata a questa tematica è l’ingresso dei grandi players della tecnologia nel mondo dell’education. Secondo Scott Galloway, professore alla Stern School of Business, dell’Università di New York, i players del big tech, dovendo sostenere valutazioni di borsa sempre più elevate, dovranno aggredire mercati più grandi e realizzare margini più elevati. Ecco perché, secondo Galloway, Google, Facebook, Apple, Amazon e Microsoft non hanno altra scelta che entrare nel mercato dell’education ed in parte hanno già iniziato a farlo.