Da dove provengono gli studenti degli atenei italiani?

By: Sofia Alessandra Leone0 comments

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Utilizzando i dati rilasciati dal XXIV rapporto Almalaurea, ci concentreremo sull’analizzare alcuni dati interessanti riguardanti la mobilità e il numero degli studenti stranieri negli atenei italiani per ribadire, ancora una volta, l’importanza della diversità nel contesto universitario.

3 aspetti che parlano della mobilità studentesca

Secondo quanto riportato dal rapporto Almalaurea possiamo mettere in evidenza 3 aspetti principali che hanno caratterizzato l’ultimo anno accademico:

  • Il primo riguarda le conseguenze della pandemia: come ci si poteva attendere, sono diminuite le esperienze di studio all’estero e la fruizione di alcune aree universitarie come biblioteche, postazioni informatiche o laboratori.
  • Il secondo aspetto riguarda la mobilità: quasi il 50% dei laureati ha conseguito il titolo nella stessa provincia in cui ha conseguito il diploma. I laureati magistrali biennali sembrano essere la categoria di studenti più propensa agli spostamenti, circa il 40% ha deciso di spostarsi in una provincia diversa e non limitrofa rispetto a quella del diploma.
  • Il terzo aspetto riguarda gli studenti stranieri: la quota di laureati di cittadinanza estera è del 4,2%. Si tratta di giovani che provengono in buona parte da famiglie immigrate e residenti in Italia: ben il 40,2% dei laureati di cittadinanza non italiana ha conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado nel nostro Paese. La quota di cittadini stranieri in possesso di un diploma all’estero, ovvero la fascia di popolazione che si è trasferita in Italia al momento della scelta universitaria, è il 2,5% dell’intera popolazione indagata.

3 aspetti per rinnovare gli ITS

Se appare chiara la funzionalità del sistema ITS, le fondazioni potrebbero assumere un ruolo ancora più centrale nel sistema di istruzione italiano, rendendo più sfidante il confronto con l’università.

Infatti, la riforma degli ITS dovrebbe diventare legge a tutti gli effetti a breve, prevedendo l’identificazione degli ITS come percorsi formativi terziari professionalizzanti che, al pari di università, assumeranno un ruolo di tutto rispetto nel sistema educativo italiano. Nello specifico la riforma, composta da 16 articoli si propone di agire su tre differenti aspetti:

  • Primo, incremento del numero di aree tecnologiche introdotte dalla dpcm del 2008;
  • Secondo, aggiornamento biennale delle materie oggetto di insegnamento;
  • Infine, terzo, si potrà contare su finanziamenti stabili in cui sarà prevista l’erogazione di 68 milioni di euro quest’anno e 48milioni annui a partire dal 2023.

Su quali aspetti contare?

La condizione del sistema universitario italiano è molto eterogenea ma l’importanza dell’istruzione universitaria emerge ancora molto chiaramente dai dati.

Secondo voi la situazione rimarrà così anche in futuro?

Quali potrebbero essere le evoluzioni?

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